mercoledì 9 ottobre 2013

E poi ritrovi cosa scrivevi a 17 anni..dopo un viaggio in treno..



Treno della Memoria: destinazione futuro.

Molti direbbero che tutto sia cominciato con quella marcia  di una folla composta da ragazzi sprovvisti di cori e striscioni, da professori afoni di rimproveri e spiegazioni, che lasciati banchi e cattedre salivano su un treno con destinazione nel tempo passato; invece ,forse, i primi germogli di una consapevolezza di ciò che era stato quella dimostrazione dura e impietosa, chiamata dai più “Olocausto” , era  sedimentata in anni di immagini, di film, di racconti, di lezioni, di canzoni e parole che rimbombavano forti nei cuori. Quindi quando si è prospettata davanti a noi la possibilità di respirare l’aria di ciò che avevamo potuto solo sfiorare indirettamente, sapevamo già  che questa coscienza avrebbe iniziato a pesare come un macigno, imponendoci il dovere di raccontare a chi circonda il nostro quotidiano e il diritto di far tacere nei meandri della mente l’eco di anni di parole.
Forse può sembrare contraddittoria la contrapposizione di informazione e silenzio, ma è proprio quest’ultimo che ti stordisce quando cammini nella neve fra le baracche di Birkenau.
 Le grida prive di voce di chi lì ha incontrato la morte ti colpiscono come un duro pugno allo stomaco, ti tolgono il fiato e nella tua testa si fa spazio violentemente solo una domanda: “perché?”.
Alle spiegazioni del male organizzato sistematicamente che Auschwitz ti offre sei, quasi, abituato al senso di impotenza che avverti, mentre ti aggiri  per i corridoi di quel museo dell’Inferno.
 Tuttavia, quando ti incolonni  varcando la soglia della camera a gas, rimasta in piedi, arrogante mausoleo del progetto di un pazzo, quando sfiori con le tua mani così umane i segni di chi in un ultimo sordo urlo di vita ha graffiato con la forza dell’animale , allora  capisci quanto qualsiasi racconto può essere lontano da ciò che realmente fu.
Le domande ora si accalcano l’una sull’altra sgomitando per avere la prima risposta, ma questa volta nessuna guida, nessun professore, nessuna spiegazione, nessun libro può aiutarti.
Solo la tua coscienza può farti comprendere che fu come il dare sfogo ai più nascosti e repressi istinti crudeli che possono albergare nell’uomo, che sono sazi nel solo piacere sadico.
Solo la tua legge morale ti può far condannare chi fu definito dai posteri “la zona grigia”, chi si dichiarò indifferente davanti allo sterminio, chi chiuse gli occhi davanti alle lacrime del bambino, chi si fece sordo alle urla del vicino arrestato nel cuore della notte, un’Europa troppo impegnata a piangere la morte degli ideali che tanto faticosamente aveva partorito, per accorgersi che  continuavano a morire ogni minuto in quei campi.
Tuttavia, inizia a farsi strada la voglia di non essere i nipoti viziati di quella civiltà, ma i figli di una memoria che oggi è ancora più viva, che oggi deve alzare la testa davanti ai massacri che ci vengono raccontati dalla televisione non relegandoli ai cinque minuti di una giornata troppo piena di impegni.
Stanchi di essere la generazione della morte delle ideologie, esperienze come queste ci aiuteranno a diventare gli artefici di una società che non avvertiamo nostra, che va cambiata dalle fondamenta, al cui posto vogliamo pilastri che non possono essere abbattuti, perché hanno sangue nella memoria e hanno corpo in una storia intollerabile che pesa sul coscienza dell’umanità.

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