Treno della Memoria: destinazione futuro.
Molti direbbero che tutto sia cominciato con quella marcia di una folla composta da ragazzi sprovvisti di
cori e striscioni, da professori afoni di rimproveri e spiegazioni, che
lasciati banchi e cattedre salivano su un treno con destinazione nel tempo
passato; invece ,forse, i primi germogli di una consapevolezza di ciò che era
stato quella dimostrazione dura e impietosa, chiamata dai più “Olocausto” , era
sedimentata in anni di immagini, di
film, di racconti, di lezioni, di canzoni e parole che rimbombavano forti nei
cuori. Quindi quando si è prospettata davanti a noi la possibilità di respirare
l’aria di ciò che avevamo potuto solo sfiorare indirettamente, sapevamo
già che questa coscienza avrebbe
iniziato a pesare come un macigno, imponendoci il dovere di raccontare a chi
circonda il nostro quotidiano e il diritto di far tacere nei meandri della
mente l’eco di anni di parole.
Forse può sembrare contraddittoria la contrapposizione di
informazione e silenzio, ma è proprio quest’ultimo che ti stordisce quando
cammini nella neve fra le baracche di Birkenau.
Le grida prive di
voce di chi lì ha incontrato la morte ti colpiscono come un duro pugno allo
stomaco, ti tolgono il fiato e nella tua testa si fa spazio violentemente solo
una domanda: “perché?”.
Alle spiegazioni del male organizzato sistematicamente che Auschwitz
ti offre sei, quasi, abituato al senso di impotenza che avverti, mentre ti
aggiri per i corridoi di quel museo
dell’Inferno.
Tuttavia, quando ti incolonni
varcando la soglia della camera a gas, rimasta
in piedi, arrogante mausoleo del progetto di un pazzo, quando sfiori con le tua
mani così umane i segni di chi in un ultimo sordo urlo di vita ha graffiato con
la forza dell’animale , allora capisci
quanto qualsiasi racconto può essere lontano da ciò che realmente fu.
Le domande ora si accalcano l’una sull’altra sgomitando per
avere la prima risposta, ma questa volta nessuna guida, nessun professore,
nessuna spiegazione, nessun libro può aiutarti.
Solo la tua coscienza può farti comprendere che fu come il
dare sfogo ai più nascosti e repressi istinti crudeli che possono albergare
nell’uomo, che sono sazi nel solo piacere sadico.
Solo la tua legge morale ti può far condannare chi fu
definito dai posteri “la zona grigia”, chi si dichiarò indifferente davanti
allo sterminio, chi chiuse gli occhi davanti alle lacrime del bambino, chi si
fece sordo alle urla del vicino arrestato nel cuore della notte, un’Europa
troppo impegnata a piangere la morte degli ideali che tanto faticosamente aveva
partorito, per accorgersi che continuavano a morire ogni minuto in quei
campi.
Tuttavia, inizia a farsi strada la voglia di non essere i
nipoti viziati di quella civiltà, ma i figli di una memoria che oggi è ancora
più viva, che oggi deve alzare la testa davanti ai massacri che ci vengono
raccontati dalla televisione non relegandoli ai cinque minuti di una giornata
troppo piena di impegni.
Stanchi di essere la generazione della morte delle
ideologie, esperienze come queste ci aiuteranno a diventare gli artefici di una
società che non avvertiamo nostra, che va cambiata dalle fondamenta, al cui
posto vogliamo pilastri che non possono essere abbattuti, perché hanno sangue
nella memoria e hanno corpo in una storia intollerabile che pesa sul coscienza
dell’umanità.
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