sabato 21 settembre 2013

«Tu potrai dire sicuramente che sono una persona difficile, immatura, che non so cosa sia la vita. Che la mia generazione non lo sa. E’ vero probabilmente non lo so, non lo sappiamo. Ma sai che c’è? Che è questo il problema. In compagnia di una sigaretta, seduti su scalini di città che non ci apparterranno mai, spendiamo le ultime ore di una serata, sperando nei suoi ultimi minuti. Sperando che quando le lancette dell’orologio raggiungeranno la mezzanotte, troveremo I nostri perchè mischiati con whiskey senza ghiaccio . Il perchè non riusciamo a rimanere in un posto, il perchè non riusciamo a non sbattere la porta e andarcene davanti ad un problema, il perchè siamo persi davanti ai vetri di un bicchiere rotto. Peccato contenesse il nostro sogno mischiato con vodka liscia. E allora passiamo la notte seduti in compagnia di stranieri come noi e di una bottiglia di whiskey, perchè I mali del mondo non sono il cancro, l’HIV, e tutte quelle stronzate di cui vi riempiono I giornali. Oggi si muore di noia e solitudine. E quando non c’è la noia, c’è quell’instancabile sensazione di essere persi in mezzo ad un nulla imposto da una società costruita sulla sabbia da formiche ceche. E quando crederai che hai già sentito il colpo di una pistola nei timpani, e già sai come la carne si divide davanti ad un proiettile, scoprirai che non sapevi proprio un cazzo. E che il dolore può scoprire sempre nuove forme per prenderti alla bocca dello stomaco e giocare con la tua carne. E lo sguardo di chi sta sparando, non lo conoscerai mai abbastanza. Sarà la sorpresa davanti alla freddezza di quello sguardo che ti butta a terra, di quel braccio teso per non sbagliare la mira. Ma ricorda di baciare quella mano, che stretta sarà sulla pistola. Il proiettile ti attraverserà con tutto un altro sapore. Chissà magari è la volta buona che non ti alzi più.»
L.

«Ma lo sai cosa? E' che la vita, nessuno può dirti cosa sia. E' che, il bello della vita, è il suo sterzare di colpo a una curva inaspettata, o farti lo sgambetto mentre trasporti una scatola con la scritta "fragile". Il suo sorriderti lasciva, un po' zoccola, e poi fregarti il portafogli. Noi della "nostra generazione" non sappiamo cosa sia la vita tanto quanto non lo sapevano i nostri genitori e i nostri nonni prima di loro. Forse non sapremo mai cosa vuol dire avere da mangiare solo farina di castagne e acqua mentre intorno a te esplode letteralmente l'odio delle Nazioni. Non sappiamo com'è crescere un figlio e non sappiamo com'è lavorare in fabbrica a quindici anni. E' che non abbiamo assolutamente bisogno di saperlo, perché la nostra vita non è così, e nessuno può venirti a dire "non sai cos'è la vita vera". Beh, notizia dell'ultim'ora: questa è la vita vera. E' solo completamente diversa, ma cristo, è meravigliosa. E non voglio istruzioni da seguire, perché non ce ne sono. Non voglio che qualcuno mi venga a dire che la vita è scuola, casa, lavoro, figli, un cane, l'assicurazione sanitaria, il mutuo da pagare, la tv via cavo - e se qualcuno venisse a dirmelo, voglio sentirmi libera di mandarlo affanculo. E non voglio neanche sperare che arrivi una qualche fine, e con lei le risposte. Non voglio guardare il fondo di un bicchiere e aspettare l'illuminazione, nonostante la certezza recondita e martellante che quell'illuminazione non arriverà mai da sola. E, per certe cose, non voglio neanche chiedermi perché. Perché non riusciamo a stare ferme, perché crolla tutto? Sai cosa ti dico? Chi se ne importa. Non riesco a stare ferma? Corro finché non sento i muscoli andare a fuoco. Voglio restare? Resto finché il mio spazio non diventerà di nuovo troppo piccolo e soffocante per volerci rimanere un secondo di più. Se le risposte non arriveranno mai non importa. Quanto peso ha, alla fine, sapere perché? Hai fatto quello che volevi fare, e quando non sapevi cosa fare, hai fatto qualcosa lo stesso. Magari è stato fantastico, magari ti mangi le mani ancora adesso, magari ti svuota completamente, magari ti toglie il fiato ogni volta che ci ripensi, magari era totalmente sbagliato. L'importante è non uscirne mai indenni, o indifferenti. Del resto, non so nemmeno cosa stiamo cercando o se ci sia qualcosa da cercare. Senso di appartenenza? Un posto nel mondo? Dio? Seduta sullo stesso gradino di una città sconosciuta che contemplo distrattamente dietro spirali sconnesse di fumo, so benissimo che è esattamente quello il mio posto. Qui, adesso. Magari non domani, ma domani non importa. E quel vuoto che senti mordere dentro, è il modo che ha il mondo di appartenerti. E in quanto a Dio, noi sappiamo benissimo che esiste, e non è per nulla come ce l'hanno raccontato. Noi l'abbiamo visto. Te lo ricordi? L'abbiamo incontrato negli appartamenti disordinati dei ventenni della working class, e abbiamo bevuto con lui nei pub di periferia. Era lì al tramonto sulla Galway Bay e nelle strade brulicanti di vita alle sei di mattina. Gli mancava una casa, mentre la strada lo chiamava. Ha passato notti intere a sentirci parlare, sature di intenzioni, e sogni, e rabbia... Lo ricordi, adesso? Dio siamo noi che non ci arrendiamo.
Oggi si muore di noia e di solitudine solo se si lascia che noia e solitudine ci corrodano, pezzo per pezzo. Centimetro per centimetro. Ma puoi anche non morire. Magari mi ritroverò davanti alla canna vuota di quella pistola. E sarà freddo, e farà male. Ma io voglio rialzarmi. E rialzarmi. E rialzarmi ancora. E non permettere che nessuno mi lasci a terra. Se cadrò, cadrò da sola. Fino ad allora, ognuno di noi avrà sempre una stronzissima mano da afferrare per rialzarsi. E se davvero ho capito qualcosa di tutto questo, credimi, la afferrerà.» G.

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